Che fine ha fatto l'amore?
I sentimenti più belli non devono essere sostituiti da una triste non-cultura dell'egoismo e dello sfruttamento dell'altro
Di Carlo Climati
ROMA, 20 Settembre 2013 (Zenit.org) - Che fine ha fatto l’amore? Esiste ancora o è in via d’estinzione? Negli ultimi anni i giovani sono stati bersagliati da una non-cultura che ha cercato di ridurre questo stupendo sentimento ad una dimensione egoistica, superficiale e priva di senso.
Per accorgersene basta accendere la televisione e dare un’occhiata a certi programmi dedicati ai ragazzi. Si parla sempre meno d’amore e sempre più di sesso. Si moltiplicano i cosiddetti “esperti di sessualità”, che dovrebbero avere il compito di dare risposte agli interrogativi degli adolescenti.
Ma quali sono queste risposte? In molti casi si tratta di banalizzazioni, di affermazioni senza etica in cui il rapporto personale tra due persone sembra ridursi ad una forma di “ginnastica”.
Certi linguaggi televisivi rischiano di privare l’amore del suo significato, eliminando qualunque accenno al futuro, allo sforzo, all’impegno, alla progettualità.
Non a caso, in alcuni telefilm vengono proposti modelli di vita assolutamente distorti: persone che bruciano un rapporto dietro l’altro, senza mai unirsi stabilmente. Si incontrano in discoteca e la stessa notte sono già a letto insieme.
Le conseguenze di simili spettacoli sono disastrose. Il messaggio che viene trasmesso al giovane telespettatore, di fatto, è questo: “Se vuoi essere qualcuno, devi assomigliare al protagonista del telefilm. Alla tua età non hai ancora fatto sesso? Che cosa aspetti?”
“Fare sesso” è un’espressione spoetizzante che oggi va molto di moda. Ma ce ne sono tante altre. La più ingannevole, senza dubbio, è “il sesso sicuro”. Un’altra trappola per indottrinare i giovani.
Il messaggio che si cela dietro questa espressione è chiaro: “Vuoi continuare a praticare il sesso in modo egoista e disordinato? Va benissimo! Però non dimenticare la protezione del profilattico”.
E qui sta l’inganno. Non esiste la sicurezza assoluta, al cento per cento, nell’uso di certe “protezioni”. I rischi di contrarre malattie come l’Aids non si possono escludere del tutto.
Proviamo a spiegarlo con un esempio. La cintura di sicurezza ed il casco sono sicuramente strumenti utili, che possono contribuire a limitare i danni in caso di incidenti stradali. Ma non possono rappresentare una completa soluzione al problema. La vera soluzione sta nella prudenza e nella correttezza di chi guida l’automobile o la moto, rispettando i limiti di velocità e le regole del codice.
Lo stesso discorso vale per i rapporti umani. L’unica, vera maniera per combattere l’Aids è quella di promuovere un’autentica cultura dell’amore, anche a costo di pronunciare parole che sembrano ormai suscitare scandalo, come “verginità”, “purezza” o “castità”.
Che cosa fare, poi, quando ci si trova di fronte ad una gravidanza indesiderata? Invece di accogliere la vita, si preferisce mettere la testa sotto la sabbia. Oggi ci sono le pillole abortive, che permettono di eliminare la vita umana bevendo un bicchiere d’acqua.
L’idea di procurarsi un aborto “in pillola” sembra quasi trasmettere il messaggio di un aborto “più piccolo”. E quindi meno grave, meno ingombrante dal punto di vista etico.
Ma che differenza c’è tra la soppressione di un essere umano grande come la punta di uno spillo ed un altro che ha raggiunto tre o quattro mesi di vita? Il risultato è lo stesso: la morte di una persona.
Ecco perché viene spontaneo chiedersi: che fine ha fatto l’amore? Dove ce l’hanno nascosto? Al suo posto sembra trionfare una mentalità superficiale, figlia di una certa non-cultura del non-impegno, tipica dei nostri tempi.
In fondo, la vera malattia da curare è proprio questa: la fuga da ogni sforzo, la voglia di non assumersi responsabilità. Se arriva un figlio indesiderato, lo elimino con una pillola. Se un rapporto diventa troppo impegnativo, scappo via. Se l’amore vero richiede sacrifici ed impegni, meglio dedicarsi ai rapporti “usa e getta”.
Di conseguenza, l’amore tra due persone non è più un bellissimo dono, ma uno squallidissimo prestito. Si riduce ad un misero contratto a tempo determinato, dal quale scappare quando si presentano i primi sforzi da affrontare. Non a caso, negli ultimi anni, si è parlato di introdurre la possibilità di praticare “divorzi-lampo”, per accelerare la fuga dal matrimonio.
Alla base di certe derive c’è un problema evidente: l’assenza di un’autentica considerazione del valore dell’altro. Se non ricominceremo a vedere nell’altro un essere umano, saremo condannati a chiederci per l’eternità: che fine ha fatto l’amore? E la domanda resterà senza risposta.
I sentimenti più belli non devono essere sostituiti da una triste non-cultura dell'egoismo e dello sfruttamento dell'altro
Di Carlo Climati
ROMA, 20 Settembre 2013 (Zenit.org) - Che fine ha fatto l’amore? Esiste ancora o è in via d’estinzione? Negli ultimi anni i giovani sono stati bersagliati da una non-cultura che ha cercato di ridurre questo stupendo sentimento ad una dimensione egoistica, superficiale e priva di senso.
Per accorgersene basta accendere la televisione e dare un’occhiata a certi programmi dedicati ai ragazzi. Si parla sempre meno d’amore e sempre più di sesso. Si moltiplicano i cosiddetti “esperti di sessualità”, che dovrebbero avere il compito di dare risposte agli interrogativi degli adolescenti.
Ma quali sono queste risposte? In molti casi si tratta di banalizzazioni, di affermazioni senza etica in cui il rapporto personale tra due persone sembra ridursi ad una forma di “ginnastica”.
Certi linguaggi televisivi rischiano di privare l’amore del suo significato, eliminando qualunque accenno al futuro, allo sforzo, all’impegno, alla progettualità.
Non a caso, in alcuni telefilm vengono proposti modelli di vita assolutamente distorti: persone che bruciano un rapporto dietro l’altro, senza mai unirsi stabilmente. Si incontrano in discoteca e la stessa notte sono già a letto insieme.
Le conseguenze di simili spettacoli sono disastrose. Il messaggio che viene trasmesso al giovane telespettatore, di fatto, è questo: “Se vuoi essere qualcuno, devi assomigliare al protagonista del telefilm. Alla tua età non hai ancora fatto sesso? Che cosa aspetti?”
“Fare sesso” è un’espressione spoetizzante che oggi va molto di moda. Ma ce ne sono tante altre. La più ingannevole, senza dubbio, è “il sesso sicuro”. Un’altra trappola per indottrinare i giovani.
Il messaggio che si cela dietro questa espressione è chiaro: “Vuoi continuare a praticare il sesso in modo egoista e disordinato? Va benissimo! Però non dimenticare la protezione del profilattico”.
E qui sta l’inganno. Non esiste la sicurezza assoluta, al cento per cento, nell’uso di certe “protezioni”. I rischi di contrarre malattie come l’Aids non si possono escludere del tutto.
Proviamo a spiegarlo con un esempio. La cintura di sicurezza ed il casco sono sicuramente strumenti utili, che possono contribuire a limitare i danni in caso di incidenti stradali. Ma non possono rappresentare una completa soluzione al problema. La vera soluzione sta nella prudenza e nella correttezza di chi guida l’automobile o la moto, rispettando i limiti di velocità e le regole del codice.
Lo stesso discorso vale per i rapporti umani. L’unica, vera maniera per combattere l’Aids è quella di promuovere un’autentica cultura dell’amore, anche a costo di pronunciare parole che sembrano ormai suscitare scandalo, come “verginità”, “purezza” o “castità”.
Che cosa fare, poi, quando ci si trova di fronte ad una gravidanza indesiderata? Invece di accogliere la vita, si preferisce mettere la testa sotto la sabbia. Oggi ci sono le pillole abortive, che permettono di eliminare la vita umana bevendo un bicchiere d’acqua.
L’idea di procurarsi un aborto “in pillola” sembra quasi trasmettere il messaggio di un aborto “più piccolo”. E quindi meno grave, meno ingombrante dal punto di vista etico.
Ma che differenza c’è tra la soppressione di un essere umano grande come la punta di uno spillo ed un altro che ha raggiunto tre o quattro mesi di vita? Il risultato è lo stesso: la morte di una persona.
Ecco perché viene spontaneo chiedersi: che fine ha fatto l’amore? Dove ce l’hanno nascosto? Al suo posto sembra trionfare una mentalità superficiale, figlia di una certa non-cultura del non-impegno, tipica dei nostri tempi.
In fondo, la vera malattia da curare è proprio questa: la fuga da ogni sforzo, la voglia di non assumersi responsabilità. Se arriva un figlio indesiderato, lo elimino con una pillola. Se un rapporto diventa troppo impegnativo, scappo via. Se l’amore vero richiede sacrifici ed impegni, meglio dedicarsi ai rapporti “usa e getta”.
Di conseguenza, l’amore tra due persone non è più un bellissimo dono, ma uno squallidissimo prestito. Si riduce ad un misero contratto a tempo determinato, dal quale scappare quando si presentano i primi sforzi da affrontare. Non a caso, negli ultimi anni, si è parlato di introdurre la possibilità di praticare “divorzi-lampo”, per accelerare la fuga dal matrimonio.
Alla base di certe derive c’è un problema evidente: l’assenza di un’autentica considerazione del valore dell’altro. Se non ricominceremo a vedere nell’altro un essere umano, saremo condannati a chiederci per l’eternità: che fine ha fatto l’amore? E la domanda resterà senza risposta.
Da Avvenire del 28/11/2013
PERCHÉ CI MANCA
UN’EDUCAZIONE DEI SENTIMENTI
VITTORIO POSSENTI
Ogni epoca ama a suo modo. In
quella presente si riscontra un mutamento dell’amore con l’emergere del caos
delle relazioni amorose. La confusione che attualmente vi si dispiega e
travolge tanti, va contro l’ordo amoris. Sant’Agostino ne ha introdotto la
nozione: «Anche l’amore si deve amare ordinatamente perché con esso si ama
l’oggetto che si deve amare, affinché sia in noi la virtù con cui si vive bene.
Mi sembra quindi che definizione breve e vera della virtù è l’ordine
dell’amore». Gli atti dell’amore hanno dunque bisogno di un ordine che oggi
sembra una meta improbabile. Anzi una parte dell’infelicità degli individui
proviene nella società attuale dal caos delle relazioni amorose, in cui non
sembra più possibile per tanti giovani e adulti esperire un’educazione dei
sentimenti, strutturare la vita emozionale, darle significato, gestire gli
affetti. Il disordine cui alludo significa che la
relazione amorosa è esposta al rischio, alla fragilità, alla contingenza; la
conseguenza di tale stato di cose è l’accresciuta vulnerabilità dei singoli e
delle loro relazioni. La mancanza di ordine e struttura infligge al soggetto
ferite maggiori dell’esistenza di regole che pongano obblighi e un certo grado
di disciplinamento. Si vive in un disordine emozionale in cui l’altro non è
inteso come soggetto per un incontro stabile, ma come un mezzo di cui si usa
per i propri scopi. L’esperienza dell’amore che perdura nel tempo, diviene più
rara e come ignota a noi stessi per il predominio delle esigenze edonistiche
immediate, che velano il volto dell’altro e lo riportano a mezzo, a strumento
per la mia realizzazione e il mio piacere. Anche questo è un esito della gabbia
di acciaio della razionalità strumentale, in cui appunto tutto rischia di
diventare mezzo. Tecnica e relazione amorosa sembrano collocarsi agli estremi.
Mentre aumenta la competenza tecnica di tanti, diminuisce quella sentimentale
di tutti. E l’amore appare una moneta talmente usurata che la sua inflazione
travolge tutto: come la moneta cattiva caccia la buona, così l’amore
disordinato caccia quello autentico. Nelle contemporanee relazioni d’amore
riscontriamo un insieme di eventi che si possono comprendere come se esse
fossero divenute parti di un mercato altamente competitivo ed instabile: vi è
libera concorrenza tra i competitori, estrema facilità di accesso al 'mercato',
rapida intercambiabilità delle relazioni, loro intrinseca instabilità, libertà
di scelta del 'consumatore'. Nel mercato dell’amore i soggetti consumatori si
scelgono e si lasciano più o meno come si usa e si cambia un prodotto. Tutto
ciò genera incertezza che si ripercuote sul sentimento che il soggetto ha di
sé, e che si colloca all’opposto di quella sicurezza della relazione amorosa
che proviene dalla stabilità in cui i partner sono certi l’uno dell’altro.
L’insicurezza è invece l’esito dell’amore entrato nella sfera concorrenziale,
dove ciascuno cerca un riconoscimento che non ottiene. La mancanza di regole
nei rapporti amorosi produce individui casuali, senza legami e senza
tradizioni. Volendo insistere nel paragone col mercato, l’abbondanza delle
possibili relazioni amorose e sessuali rende meno forte la lotta per
l’appropriazione, ma anche altamente labili i legami. Il criterio di abbondanza
cambia profondamente il soggetto, in paragone con le epoche in cui le relazioni
sessuali contingenti ed estemporanee erano più rare. Oggi si ama
provvisoriamente, nell’attesa che dal mercato emergano candidati
migliori.
L’amore non vale più come un costitutivo essenziale del proprio io, ma come un oggetto di
consumo.
PERCHÉ CI MANCA
UN’EDUCAZIONE DEI SENTIMENTI
VITTORIO POSSENTI
Ogni epoca ama a suo modo. In
quella presente si riscontra un mutamento dell’amore con l’emergere del caos
delle relazioni amorose. La confusione che attualmente vi si dispiega e
travolge tanti, va contro l’ordo amoris. Sant’Agostino ne ha introdotto la
nozione: «Anche l’amore si deve amare ordinatamente perché con esso si ama
l’oggetto che si deve amare, affinché sia in noi la virtù con cui si vive bene.
Mi sembra quindi che definizione breve e vera della virtù è l’ordine
dell’amore». Gli atti dell’amore hanno dunque bisogno di un ordine che oggi
sembra una meta improbabile. Anzi una parte dell’infelicità degli individui
proviene nella società attuale dal caos delle relazioni amorose, in cui non
sembra più possibile per tanti giovani e adulti esperire un’educazione dei
sentimenti, strutturare la vita emozionale, darle significato, gestire gli
affetti. Il disordine cui alludo significa che la
relazione amorosa è esposta al rischio, alla fragilità, alla contingenza; la
conseguenza di tale stato di cose è l’accresciuta vulnerabilità dei singoli e
delle loro relazioni. La mancanza di ordine e struttura infligge al soggetto
ferite maggiori dell’esistenza di regole che pongano obblighi e un certo grado
di disciplinamento. Si vive in un disordine emozionale in cui l’altro non è
inteso come soggetto per un incontro stabile, ma come un mezzo di cui si usa
per i propri scopi. L’esperienza dell’amore che perdura nel tempo, diviene più
rara e come ignota a noi stessi per il predominio delle esigenze edonistiche
immediate, che velano il volto dell’altro e lo riportano a mezzo, a strumento
per la mia realizzazione e il mio piacere. Anche questo è un esito della gabbia
di acciaio della razionalità strumentale, in cui appunto tutto rischia di
diventare mezzo. Tecnica e relazione amorosa sembrano collocarsi agli estremi.
Mentre aumenta la competenza tecnica di tanti, diminuisce quella sentimentale
di tutti. E l’amore appare una moneta talmente usurata che la sua inflazione
travolge tutto: come la moneta cattiva caccia la buona, così l’amore
disordinato caccia quello autentico. Nelle contemporanee relazioni d’amore
riscontriamo un insieme di eventi che si possono comprendere come se esse
fossero divenute parti di un mercato altamente competitivo ed instabile: vi è
libera concorrenza tra i competitori, estrema facilità di accesso al 'mercato',
rapida intercambiabilità delle relazioni, loro intrinseca instabilità, libertà
di scelta del 'consumatore'. Nel mercato dell’amore i soggetti consumatori si
scelgono e si lasciano più o meno come si usa e si cambia un prodotto. Tutto
ciò genera incertezza che si ripercuote sul sentimento che il soggetto ha di
sé, e che si colloca all’opposto di quella sicurezza della relazione amorosa
che proviene dalla stabilità in cui i partner sono certi l’uno dell’altro.
L’insicurezza è invece l’esito dell’amore entrato nella sfera concorrenziale,
dove ciascuno cerca un riconoscimento che non ottiene. La mancanza di regole
nei rapporti amorosi produce individui casuali, senza legami e senza
tradizioni. Volendo insistere nel paragone col mercato, l’abbondanza delle
possibili relazioni amorose e sessuali rende meno forte la lotta per
l’appropriazione, ma anche altamente labili i legami. Il criterio di abbondanza
cambia profondamente il soggetto, in paragone con le epoche in cui le relazioni
sessuali contingenti ed estemporanee erano più rare. Oggi si ama
provvisoriamente, nell’attesa che dal mercato emergano candidati
migliori.
L’amore non vale più come un costitutivo essenziale del proprio io, ma come un oggetto di
consumo.